venerdì 18 giugno 2010

Psicofarmaci? NO, grazie!! Mi basta una sana psicoterapia!!!




Anche questo articolo l'ho scritto e pubblicato su un altro blog di recente chiuso. Era stato commentato in modo molto interessante da alcune lettrici, visto quanto io ritenga di valore i commenti ricevuti li riporto senza i nomi di firma in fondo alla pagina.




PSICOFARMACI? NO GRAZIE, MI BASTA UNA SANA PSICOTERAPIA!!!


Ma sapete quanta gente prende gli psicofarmaci?
Ma sapete con che facilità i medici li prescivono?
Ma sapete cosa provocano in noi?
Ma sapete a cosa servono e che risultato hanno?
Ma sapete quanto durano?
Vi assicuro che senza psicofarmaci si guarisce, direi: anche meglio e definitivamente.
State alla larga dai dottoroni che ve li prescrivono, che se li prendano loro!!!!!! E chissà quanti lo fanno!
Basta una buona terapia psicoterapica per aiutare la vostra mente, non serve la chimica. Un buon psicoterapeuta vi saprà aiutare con veri e definitivi risultati. Con un lavoro serio e continuativo (che non vuol dire che dallo psicoterapeuta ci dovete andare per tutta la vita).
Come fare a valutare uno psicoterapeuta? Prima di tutto salutate immediatamente chi vi prescrive gli psicofarmaci. Valutate chi vi sta di fronte. Quello che avete innanzi è una persona seria? Come vive la sua vita? E' eccessivo nei modi di fare? E' divorziato? Ha figli tossicodipendenti o bulli nelle scuole? Cercate di notare se è una persona che vale a livello umano. Lasciate perdere i dottoroni che se la tirano, ma evitate pure quelli che si svendono... puzzano di marcio tanti di essi! Non recatevi dagli psicologi ma putate direttamente allo psicoterapeuta, l'unico con le qualifiche per potervi aiutare.
Chi crede nella sua disciplina la pratica lui stesso, quindi gli psicoterapeuti, se veramente credono nella psicologia, vanno da uno psicoterapeuta? E'si! Certo, pure loro è bene che vadano a farsi analizzare. E' dal fuori che si vedono le cose, non dal dentro! Serve una persona sopra le parti per poter capire ed aiutarti ad aggiustare il colpo, anche se hai le nozioni.
Per valutare se lo psicoterapeuta è una persona valida è ottimo il passaparola.
Ricordo qualche un pò di anni fa, avevo circa 20 anni. Parlavo di psicoterapia con un carissimo amico. Mi sentivo insicura in merito alla mia vita e avvertivo la necessità di avere una guida che mi indicasse le mie possibilità. Questo amico, d'età più grande di me, mi disse che in passato fece un ciclo di incontri con uno psicoterapeuta e che mi avrebbe fatto avere il suo numero. Qualche giorno dopo ho preso il contatto ma mi son soffermata a pensare prima di effettuare la telefonata. Questo mio amico è una persona a cui tenevo molto, e che ancora oggi chiamo il mio "fratellone", una persona a cui sono legata. Nonostante tutto sono sempre stata molto obbiettiva nella sua analisi. Quante cose non andavano nella sua vita! Com'era problematico, e come lo è ancor oggi!!! Mi son detta: se lui è ancora a questo punto, nonostante la lunga terapia fatta, mi sa che questo piscoterapeuta vale veramente poco!!". E così ho lasciato perdere nella speranza che arrivasse altro.
Non è facile parlare di psicologia con la gente. Dire vado dallo psicoterapeuta è come dire, per molte - troppe - persone, sono matta. Piuttosto che mettersi in discussione la gente preferisce vivere di pasticche; è si, perché io sono convinta che le malattie tanto dipendano dalla psiche, la vera ad essere malata. Quindi come fare ad aprirsi con le proprie conoscenze dicendo loro di voler provare quella strada?
Basta guardare qualsiasi trasmissione televisiva che parla di malattia. Ma si potrà che mai e poi mai annuiscano al fatto che alla base ci possa essere un problema psichico? Le cause sono sempre complicatissime o, ancor peggio, genetiche. Le soluzioni stanno sempre e solo nelle belle e colorate scatole di farmaci o tra i bisturi di qualche dottore. (Sia chiaro, ben vengano i bisturi ed i farmaci, ma..... )
Mai che dicano che si dovrebbe provare con una psicoterapia... Tutti dottoroni, grandi, importanti, con tanti libri scritti e tante ore in cattedra a raccontarla agli altri. (Sia chiaro, ben vengano le loro ricerche!!)
Sapete quanto ci marciano sopra questo le case farmaceutiche? Rende di più la gente malata che compra ogni giorno tanti bei farmaci o quella che, grazie ad una sana psicoterapia, non ti compra nemmeno un farmaco e ne necessiterà raramente anche nella sua vecchiaia? Datevi la risposta!
Come ho fatto io alla fine a trovare il mio psicoterapeuta?
Penso sempre che se una persona cerca veramente qualcosa prima o poi la incontra! E così ho avuto un'altra possibilità.
Mi son trovata ad aver a che fare con una donna di valore, sicura di sé, amata e rispettata dal marito che anche lei amava e rispettava . Una donna che sin dal primo momento che l'ho conosciuta mi ha dato certezze e che stimolava in me sani dubbi. Lei conosceva uno psicoterapeuta con cui aveva fatto una validissimo perscorso... e che teneva ancora presente per i fatti particolari della propria vita.
Mi ha dato fiducia! La mia fiducia è stata preziosamente ripagata!!!
Dallo psicoterapeuta non vanno i matti ma vanno tutti gli esseri umani; sia quelli che si sentono appesantiti dalla vita che quelli che alla vita sorridono ogni giorno possono trarre opportunità uniche ed informazioni importantissime per loro da una psicoterapia.
Dallo psicoterapeuta va chi ha il coraggio di mettersi in discussione, chi vuole aprire i propri occhi e trovare la miglior strada per sé.
Dallo psicoterapeuta va chi ha voglia di vivere bene, di essere felice, di essere sereno, di essere sano...
Dornando agli psicofarmaci: di gente che li tilizza ne ho conosciuta un bel pò. Dopo anni di assunzione di essi nulla è cambiato per loro, la depressione è sempre li che fa capolino quando meno se lo aspettano. Cosa saranno serviti quegli spaccastomaci chimici?!?!


... pensateci...




Commenti:

Lettrice A: PURTROPPO NON E' COSì SEMPLICE MOLTE PERSONE HANNO DAVVERO BISOGNO DI FARMACI E NON DOVREBBERO ESSERE COLPEVOLIZZATE PER QUESTO. ALTRO DISCORSO è L'ABUSO DEGLI STESSI. PAOLA UNA PSICO!

Risposta: Cara "lettrice A",io certo non colpevolizzo chi utilizza psicofarmaci, ma chi li somministra.Lo psicofarmaco che risultati ha? Va alla radice del problema risolvendolo? Lavora sulle cause che fanno sprigionare il male?A quanto pare non fa nulla di tutto ciò. Ciò che lo psicofarmaco da a chi lo assume è un anestetizzamento temporaneo della situazione, un tamponamento del male. Non certo una risoluzione definitiva.E' una buona psicoterapia che risolve ed annulla i problemi alla radice facendo si che non si manifestino più nel futuro, nemmeno sotto altre sembianze.Ti assicuro che alcuni tuoi colleghi hanno il piacere di guarire i mali della gente con una, se pur dolorosa e profonda, psicoterapia.Cordialmente.



Lettrice B: Doloroso questo commentare oggi. Io non lo so quale sia la tua esperienza profonda, non so quanto il vivere ti sia agevole. So quanto la mia vita sia stata condizionata, ferita e mutilata dal disagio psichico. Mi sono curata con la psicoterapia per 14 anni e la mia terapeuta (ti assicuro che il fatto che fosse separata non ha mai tolto nulla alla sua capacità di interagire con me e con il mio dolore) se non mi ha guarita ha però compiuto il miracolo di farmi desiderare di vivere, cosa che ti assicuro, non è mai stata scontata per me. Alla fine però ho dovuto arrendermi al fatto che solo i farmaci mi consentivano un qualche surrogato di vita "normale" e da allora li assumo ogni giorno e l'ultima delle mie preoccupazioni è che possano danneggiare il mio stomaco. D'altro canto, ho preso per anni farmaci per un'altra patologia, i cui effetti collaterali erano ben più pericolosi di un'ulcera. Credo davvero, senza nessun intento polemico, che chi soffre nel profondo, meriti qualcosa in più di un giudizio tranciato con l'accetta. In tutto ciò sono molto felice che la psicoterapia abbia avuto su di te dei buoni effetti.

Risposta: Ciao "lettrice B".Ho letto il tuo messaggio con il dovuto rispetto, e con altrettanta cautela, mi permetto di risponderti (come ho fatto con Paola).Ti assicuro che non sono una spara sentenze, quello che non mi permetterei mai di fare è semplificare il male della gente. So, lo so bene, quanto una terapia possa essere difficile, e quanto possa essere tremendamente faticoso uscire da un circolo vizioso che ti porta al desiderio di annullamento.Non penso di essere una tra le poche fortunate ad aver avuto buon esito tramite una terapia. Il confronto con le persone lo ricerco continuamente e ti dico con certezza che chi può aiutare senza gli psicofarmaci c'è eccome.La finalità di questo mio post è di far sapere ai tanti bisognosi di un aiuto che non per forza di cose lo possono trovare solamente nei farmaci. Nonostante capisca e rispetti il tuo dolore, mi permetto di assicurarti che un’altra via c’è. L’indirizzo psicoterapico sistemico-relazionale fa si che la terapia vada ad intervenire su quelle dinamiche che provocano il male. Lavorando proprio sulla causa del male ti assicuro che tutto quello che provoca svanisce. Certo, non è facile e non è da tutti sapervi lavorare.Mi sono permessa di dire che uno psicoterapeuta divorziato dev’essere lasciato perdere perché in questo settore noi pazienti, a mio avviso, dobbiamo pretendere il meglio. Una persona che analizza me ed il mio male, a mio avviso, non può avere delle così profonde lacune al suo interno tanto che l’hanno portata a fare delle scelte completamente sbagliate nella sua vita. Ammetto in questo che le scelte e gli errori di uno psicoterapeuta possono essere stati fatti in un lontano passato e successivamente rimarginati con un percorso valido (tutti possono migliorare, anche loro ovviamente). Ma, sono comunque convinta, che quando noi dobbiamo scegliere è bene che stiamo molto attenti, perché a queste persone affidiamo la nostra vita. Non quindi doveroso scegliere il meglio? (so che questa domanda una persona malata e che non vuole vivere certamente non se la pone, ma la gente interno a lei certamente ne ha l’obbligo).Rispetto il tuo percorso e pure il punto di vista di Paola, ma io, come tanta altra gente che ho conosciuto (che ti assicuro non aveva la minima speranza in sé e per sé), siamo l’esempio che di psicofarmaci se ne può fare a meno. Grazie per avermi scritto.



Lettrice C: hai ragione.di psicofarmaci se ne prescrivono decisamente troppi.se poi sia la psicoterapia la soluzione, io non lo so .personalemnte anzi penso di no.Credo che un bravo aiuto ti serve per cominciare un percorso che però aun certo punto devi continuare da te.troppe volte ho visto persone continuare per inerzia percorsi psicoterapeutici per anni...una dipendenza diversa in fondo, da quella chimica, certo più sana, per carità..però sempre dipendnenza.bel blog.ricco di spunti, oltre che di ricette:D

Risposta: Ciao "lettrice C",condivido con te, la dipendenza, qualunque essa, sia non fa bene. Una terapia deve dare esito in un determinato periodo di tempo, e comunque si devono vedere e sentire i risultati giorno dopo giorno. Una psicosi grave non può certo essere curata in un anno (del resto nemmeno un malato di cuore che ha subito un trapianto dopo un solo anno è guarito del tutto e può andare a far la maratona di NY).La psicoterapia può essere paragonata ad un corso di cucina: dove spopri cose nuove, impari a utilizzare i vari ingredienti, capisci a cosa servono gli strumenti del mestiere, inoltre ti indirizza sul come muoverti in cucina. Poi certo, successivamente, acquisite le basi, devi fare da te. A mio parere c'è comunque sempre una "ricetta nuova" pronta ad entrare nella nostra vita, per questo a volte vale comunque la pena di confrontarsi per imparare nuovamente come fare e perché.E' tanto bello ed arricchente mettersi in discussione. Un Sorriso grande grande...


mercoledì 16 giugno 2010

Donne e Stupri, parliamone...



Riporto anche questo articolo scritto precedentemente per un blog che ora è stato chiuso.


Questa sera ho letto un recente post di Vivere Verde (qui). Parla di strupro.
Dal momento in cui l'ho letto non ho fatto altro che avere pensieri in merito a questo tema, alla libertà della donna ed alla sua sensualità e famminilità.
Uscendo di casa, soprattutto la sera quando è già passato il tramonto ed il buio è sceso, girando per i viali della città, entrando nelle vie poco illuminate ed isolate, dopo aver letto in merito a stupri o rapine, si "raddrizzano le antenne".
In un attimo, da donne energiche, forti e sicure di sé, da pantere nella propria giungla ci si scopre cerbiatte delicate, indifese ed inermi innanzi a qualsiasi possibile bracconiere.
Noi donne siamo fatte di una pasta che è tanto rocciosa e resistente quanto fragile e delicata. Queste diversità fanno parte del nostro essere femmina, sono il nostro bello, e sono una preziosità per gli occhi della persona che ci ama. Tanto delicate da essere difese dal nostro uomo, tanto forti da difendere noi ed i nostri figli a tutti i costi.
Noi e la nostra femminilità che esprimiamo in qualsiasi momento. Non vi è donna, bella o brutta che sia, che non abbia un vezzo di estrema femminilità. Noi sensuali, perché la sensualità è della donna, la sensualità è la donna. Non vi è donna senza sensualità.
Noi femmine sensuali che ci troviamo sole in casa o in una strada buia, che ci troviamo vicino a possibili bracconieri non dobbiamo chiudere né gli occhi né la bocca.
Ho avuto modo di conoscere donne che hanno subìto degli abusi. Sono sia giovani che più mature.
Quella che maggiormente mi ha lasciata con l'amaro in bocca e che mi ha fatto raggelare il sangue è Arianna, una donna con cui non ho discusso direttamente dell'argomento ma di cui ho avuto notizie tramite interposta persona.
Da giovane Arianna veniva, dalla stessa madre, messa nel letto del nonno e del padre che abusavano liberamente di lei.
Questa donna, che ora avrà una sessantina di anni, ha vissuto una vita orrenda. Si è sposata con un uomo, che lei stessa ha scelto quale prolungamento del suo abominio, che l'ha sempre maltrattata ed dalla quale ha avuto due figli, un ragazzo ed una ragazza con gravissime psicosi (uno pensa di essere un matto e vive di eletttroshock, l'altra sin da piccola per la disperazione interna a sé si strappa i capelli).
Arianna non ha mai avuto il coraggio di affrontare una seria psicoterapia, e la sua vita è un continuo andare a rotoli. Non ha paletti su cui appoggiarsi. Le ferite dentro di sé sono così estremamente lacerate che nessuna benda e nessun disinfettante possono farle nulla.
La sua vita è stata spezzata fin da bimba dalla sua stessa famiglia.
Giovanna è una donna meravigliosa. Sapete quelle trentenni che tutti gli uomini si girano a guardare quando passano per strada? Vestiti ordinari e acconciatura altrettanto regolare, ma una bellazza come poche ce ne sono.
Come l'ho conosciuta Giovanna si è subito aperta a me (ed a quanto mi ha raccontato era un fatto molto molto strano). Mi ha fatto menzione di come quel signorotto di paese un bel giorno l'ha bloccata per le vie della città e l'ha violentata. Lei, che si sentiva sporca e colpevole non ha avuto il coraggio di raccontare nulla in famiglia. Il male la rodeva dentro però, ed ogni giorno che passava era sempre più terrorizzata, e sporca, e colpevole. Un giorno non è più riuscita a sopportare il terrore, la sporcizia che la opprimeva ed il peso della colpa. Piuttosto che chiedere aiuto ha preferito chiudersi nel suo bagno e, con una lametta, tagliarsi entrambi i polsi.
Ora Giovanna porta sui polsi, oltre che nel cuore e nella mente il ricordo di quel tremendo giorno, il ricordo dello stupro. La famiglia nonostante l'abbia trovata in un lago di sangue e portata fortunatamente in tempo all'ospedale, dopo aver avuto spiegazioni in merito a quanto accaduto tempo prima non ha avuto il coraggio di recarsi dai carabinieri e di denunciare quell'importante signorotto del paese.
Giovanna è lasciata a sé stessa, alla sua bellezza, alla sua femminilità, alla sua solitudine, al suo male.
Simona anch'essa aveva in casa il suo stupratore. Il marito di sua sorella ha abusato di lei quando era ancora meno che ventenne. Quando con tutto il coraggio che poteva ha rivelato l'accaduto ai suoi famigliari questi non l'hanno creduta, le hanno dato della bugiarda. Lei oltre che sporca, colpevole si è anche sentita bugiarda.
Solo di Simona ho notizie positive. Lei da sporca, colpevole e bugiarda si è trovata un uomo con cui ha avuto due figli. Dopo qualche anno di matrimonio la coppia stava per dividersi perché la ferita che aveva Simona era troppo dolorosa per poterle permettere tanta felicità, e perché ai suoi occhi una donna sporca, colpevole e bugiarda non poteva meritarsi sì tanta felicità.
Simona e suo marito sono due persone uniche, nel loro male hanno trovato la forza di mettersi in discussione e di fare un percorso di coppia. Ora Simona ha sputato in faccia al suo abusatore, ed a tutti coloro che non l'hanno creduta, ora ha capito che non è stata lei ad instigare lo stupratore. Simona ora è felice ed ha avuto il suo terzo figlio benché quarantacinquenne.
Lo stupro mai e poi mai dev'essere accettato, mai e poi mai è ammesso. Lo stupro è uno stupro!
Troppe volte ho sentito che maltrattamenti e stupri venivano giustificati dai genitori della donna offesa, se non addirittura provocati.
Non siamo noi donne colpevoli perché un uomo ci stupra, sono loro che si prendono qualcosa che è solo nostro e lo prendono senza il nostro permesso. Non sono le minigonne o i seni troppo evidenti che danno il permesso ad un uomo di allungare le mani sul nostro corpo.
Nessuno può permettersi di toccare ciò che non è suo, tanto meno noi donne che siamo delicate come la più delicata delle porcellane e preziose come il più pregiato dei diamanti.
Proprio perché non dobbiamo mai accettare che nessuno ci faccia violenza non permettiamo nemmeno che ad alcun altro faccia violenza chi ha toccato noi. Denunciamo! La denuncia fa la differenza: mette in chiaro la gravità del fatto e ci rivela che noi non ne siamo la causa.


martedì 15 giugno 2010

Sana e robusta costituzione...






A volte ci si sente proprio presi in giro dalle leggi!
Oggi sono andata ad iscrivermi in piscina ad un corso di acqua gym, subito mi è stato richiesto il certificato di sana e robusta costituzione. La legge ora prevede che per poter frequentare un corso sportivo si consegni il certificato medico.
Quanto non sopporto dover fornire questi certificati! Devi andare dal medico, che 3 volte su 4 trovi ad orari a te scomodi. Devi stare in sala d'attesa per tre quarti d'ora prima che arrivi il tuo turno. Poi entri dal medico e impieghi tempo in tutti quei controlli che sono fondamentali per sapere se la tua costituzione è sana e robusta e se non rischi nulla andando a fare quel preciso allenamento per cui richiedi il certificato.

Ecco, proprio quest'ultima parte oggi il mio medico ha ben pensato di evitarmela. Sapendo che tanto tempo ho già speso innutilmente in sala d'attesa ha pensato di venirmi incontro con l'ultima fase. Poi sa bene che perdendo tempo nel visitarmi sarebbe andato anche a suo discapito perché avrebbe ritardato l'uscita dallo studio, e nelle sere d'estate è proprio un peccato tornare a casa tardi e lavorare troppo.
Per fare le cose più velocemente mi ha chiesto se stessi bene, alla mia semplice risposta "si" ha ben pensato di non provarmi nemmeno la pressione (sempre da formichina) ma di scrivere subito quelle due righe che mi avrebbero permesso il mio adorato allenamento.
Il mio caro medico non mi ha nemmeno chiesto per quale allenamento io chiedessi questo certificato, poco cambiava se mi serviva per l'acqua gym, il calcio, l'apnea o il running.
Dopo la firma mi ha finalmente guardata in faccia e..... con il foglietto in mano ha tentennato un attimo. Mi son chiesta che cavolo potesse avere... forse ha visto nella mia faccia qualcosa che non va????
E' no!!!! Aspettava che io chiedessi "quanto le devo?"
Dato che io la domandina non l'ho posta ha ben pensato di tenersi il bigliettino quall'attimo in più e di dirmi, sollevando le ciglia, "son 20 euro".
Io nostranamente sbigottita ho risposto senza pensarci "maremma quanto!" Sono stata estremamente spontanea lo giuro!!! Il medico mi guarda e mi risponde "le sembra tanto? noooo!! ma guardi che è il prezzo minimo che posso farle!!"
In realtà sapevo che questi certificati vengono pagati, ma al momento non ci pensavo proprio.
Per di più per scrivere tre righe, ed impiegare per questo 1 minuto di tempo, farsi pagare €. 20,00 senza nemmeno farmi la minima visitina mi sembrava proprio da ladri!!!
In compenso il caro medico ha preso i soldini e se li è cacciati nel portafoglio. La ricevuta secondo voi l'ha fatta?
Ma io mi chiedo "perché si dev'essere obbligati ad andare dal medico a spendere dei soldi per il niente?" Non sono né la prima né l'ultima persona che paga e non viene nemmeno visitata.
Mi son detta forse i medici guadagnano troppo poco e le leggi li aiutano a far cassetto?
La cosa che mi fa ridere/piangere è che ho quasi speso più di medico che di corso, che comprendendo solo 4 lezioni vado a pagare 30 euro....
cose da pazzi!
E anche questa è l'Italia!!!

lunedì 14 giugno 2010

Anoressia e Bulimia, parliamone...




Questo è un post che scrissi alcuni mesi fa per un altro blog. Visto l’importanza dell’argomento lo ripropongo qui:


Anoressia e Bulimia.
Non è un argomento facile, e non è neppure così naturale iniziare a trattarlo, mi sento comunque in dovere, per non dire in obbligo, di provarci, trovo sia indispensabile da parte mi farne menzione. Le parole che utilizzerò saranno semplici perché non essendo medico non posso permettermi alcuni tecnicismi, penso inoltre che trattare di argomenti complicati con un linguaggio leggero renda la comprensione a portata di tutti, per di più io sono una persona semplice che scrive in altrettando semplice modo.
Quello che per tanti è un piacere, una soddisfazione, un gioco, una beatitudine, una seduzione… per molti, troppi, è una vera e propria Malattia. Una terribile Malattia aggiungerei.
Molti di voi non si immaginano nemmeno quanta, della gente che li circonda, sia affetta da questo male. Chi soffre di ANORESSIA BULIMICA o di ANORESSIA RESTRITTIVA sa ben fingere. Come tanti altri psicotici, perché è questo il termine psichico, mentono agli altri ma anche a loro stessi.
Come già in altri post ho specificato, tengo a dichiarare anche in questo caso che non sono un medico, non sono nemmeno una psicologa-psicoterapeuta-psichiatra…, ho però dalla mia l’esperienza e la conoscienza diretta. Vi chiedo di prendere le mie parole che leggerete come spunto per approfondire la questione. Il mio obbiettivo è di porre, in chi vorrà seguere il mio discorso, un punto di domanda in merito all’argomento. Vorrei tanto che voi guardaste nelle vostre case chiedendovi se tutto lì va bene.
Vorrei iniziare con il fare chiarezza in merito alla diversità tra queste due malattie.
L’ANORESSIA BULIMICA è quella che tutti definiscono “Bulimia”. La bulimia è solo una delle due fasi di questa malattia, la seconda è l’anoressia. Chi è soggetto a questo male tende nel tempo a passare da una fase all’altra, per poi tornare nuovamente all’una e successivamente ancora all’altra, il suo corpo diviene una fisarmonica che si gonfia e si sgonfia in continuazione. Prima questi soggetti mangiano tanto, si ingozzano, si affogano, poi rifiutano il cibo, lo rinnegano. Sono due stadi della malattia che si possono alternare senza scadenze precise.
L’ANORESSIA RESTRITTIVA è quella che tutti chiamano semplicemente “anoressia”. In questo caso la malata rifiuta categoricamente il cibo, non vuole nutrirsi, scarta la possibilità di alimentare il suo corpo. Vi è un solo stato, quello della denutrizione, ed il corpo sarà sempre più magro, schelettrico, osseo.
Ciò che voglio sia chiaro, ben nitido nelle teste di tutti, che spero che la gente capisca bene è che queste SONO DUE MALATTIE. Due GRAVI malattie, che SE NON CURATE PORTANO ALLA MORTE DELLA PERSONA.
Sono le statistiche che parlano di alta percentuale di morte di questi soggetti, circa il 90% muore, e se non erro anche di più (a chi ha competenze in merito prego di lasciare un commento a questo post per darcene specifica).
Vi chiedo: come può una malattia così grave nascere dalla voglia, di tante giovani ragazzine o altrettante donne mature, di trasformarsi nella loro eroina televisiva (quella con il fisico mozzafiato, i fianchi scarni, le gambe lunghe e secche…) o nella modella che è al top delle classifiche (quella dalla taglia 38) o di assomigliare al loro status symbol per eccellenza? No, no, non è li che nasce il problema. Diciamo che lì il problema si incaglia, perché questa nostra insulsa società rende tutto più difficile, pure l’analisi di questa malattia ha voluto rendere trementamente superficiale. Non potete sapere che rabbia mi fanno quegli stupidi ed ipocriti programmi televisivi che trattano l’argomento dando queste motivazioni!!! Tutta gente che parla a vanvera e che può provocare mali irreparabili in chi li ascolta.
Dire che i ragazzi di oggi siano frivoli e leggeri non vuol dire che per forza di cose tutti si insabbiano e blocchano lì inventandosi delle malattie simili.
Come prima ho menzionato qui si parla di due psicosi. Due gravi problemi mentali.
Come si manifestano queste malattie?
Solitamente chi è soggetto all’”anoressia restrittiva” evita categoricamente il contatto con il cibo. Fa calcoli in merito alle calorie ingerite per tenere il proprio fisico sottotono. Uno psicanalista che ha scritto differenti libri in merito (in questo caso non mi permetto di segnare il suo nome ed i testi perché solo poche delle cose che lui ha scritto o detto sono da me condivise) sostiene che sopratutto l’anoressica cerca nell’altro (che è chiunque gli sta di fronte) l’attenzione. L’atteggiamento che va cercando è quello di stupire chi la guarda, di lasciare a bocca aperta, di schifare, addirittura di inorridire. Il risultato effettivo, quello che vuole raggiungere è ridurre il suo fisico all’osso.
La fase anoressica che riguarda la malata di “anoressia bulimica” ha molto a che vedere con quanto scritto sopra, ma solitamente non si tocca così tanto l’etremità. La fase della bulimia invece porta il soggetto alle tanto conosciute abbuffate. In qualsiasi ora del giorno o della notte la malata deve ingerire cibo. In alcuni casi le malate ricercano un unico preciso alimento, si abbuffano solo con quello, in altri casi qualsiasi cosa va bene purché sia commestibile e riempia il vuoto che hanno dentro loro. Le azioni che la bulimia può provocare nella persona sono tre: il vomito, l’abuso di lassativi, nulla. C’è chi, infilandosi il dito o la mano intera nella bocca cerca di vomitare tutto quello che ha ingerito un attimo prima (pensiamo allo stomaco come si riduce nel tempo a causa dei succhi gastrici, stessa cosa per le gengive ed i denti), chi mangia mangia ed elimina purgandosi in contunuazione (in questo caso provocando contunuamente sconvolgimenti intestinali), e chi non ha azioni palesi per eliminazione il cibo dal proprio corpo. E’ quest’ultimo il caso più difficile da individuare, i sintomi ci sono ma non essendo così visibili nascondono la malattia.
Altri sintomi.
Queste due psicosi possono essere riconosciute facilmente anche da un’altro sintomo, l’amenorrea. Solitamente il ciclo mestruale tende a fermarsi per periodi più o meno lunghi nei soggetti colpiti da queste malattie. Questo è una tipica caratteriscica femminile, è per questo che l’anoressia restrittiva e l’anoressia bulimica sono malatie prettamente femminili (vi sono anche alcuni casi maschili ma vi è tutta una più profonda motivazione piscologica che ne spiega la causa). Far si che il tuo corpo di donna non segua il normale ciclo mestruale vuol dire annullare la propria femminilità, significa ritornare ad essere bambina (la fase preadolescenziale infatti è sprovvista di mestruo).Un’altra caratteristica di questi soggetti psicotici è necessità di precisione, di essere le prime della classe, di essere quelle che a scuola fanno tutto benissimo, hanno i voti migliori, che al lavoro sono sempre puntuali, attente, inquadrate… questi sono fatti e persone da ben analizzare. Queste malate hanno bisogno di primeggiare, di far vedere quanto brave sono, quanto si meritano attenzione perché sono le migliori.
Un altro sintomo possiamo notarlo facendo attenzione ai rapporti che la malata ha con i genitori, approfondiamo qui di seguito questo importante dettaglio.
Perché ci si ammala?
Questa è la parte più difficile da trattare. Mi permetto solo di fare un cappello ad una questione immensa come questa, che ogniuno di voi, mi auguro, vorrà approfondire personalmente.
Abbiamo capito che il problema è nella psiche.
Per guarire da questo male altra soluzione non c’è se non una seria-dura-continuativa terapia psicoterapica. Ho frequentato delle conferenze che parlavano di questa malattia e letto libri in merito, ho ascoltato psicologi, psicoanalisti, nutrizionisti… l’unica branchia oggi da me accettata è quella della psicoterapia, nello specifico credo e mi affido alla psicoterapia “sistemico-relazionale”.
Ho visto gente, alcune amiche ed altre conoscenti che si sono affidate ad altri indirizzi rispetto a quello sistemico-relazionale, ho constatato che non hanno mai fatto passi avanti nella guarigione. Queste sono persone che, dopo anni ed anni di terapia, anni di consultorio, anni di diete proposte da esperti nutrizionisiti, si trovano ancora dove erano all’inizio. Molte hanno dalla loro parte la manifestazione palese della malattia (vomitano e quindi hanno ben chiaro il fatto che sono malate), ma tale era il problema all’origine tale è oggi.
Dalla bulimia o anoressia non si esce da soli. Non si va da uno psicologo e si fa un percorso in solitaria. Non dico che è impossibile, non mi permetto. Dico che io non ho visto nessuno che ci sia riuscito ad uscirne in questo modo.
Facciamo ancor più chiarezza in merito:
Il male non nasce da chi lo detiene, il male nasce da uno squilibrio famigliare (madre-padre-figli). Il soggetto malato (la fanciulla) è solo colei che rende palese che esso esiste, facendosi in prima persona manifestazione di esso; in realtà ad essere malato è l’assetto famigliare. Per questo non basta che la malata faccia un percorso di psicoterapia, per eliminare la malattia bisogna eliminare il male alla radice, il gioco famigliare è quello che deve andare in terapia, quindi tutti i soggetti della famiglia devono mettersi in discussione e mettersi al lavoro per sradicare questa psicosi.
E’ un lavoro duro, veramente difficile, che richiede che gli stessi genitori si mettano fortemente in discussione. Non è facile che una madre ed un padre ammettano di essere gli artefici della malattia di un figlio (anche se la questione è tutta inconscia). Ma sappiate che è così!
Di positivo vi è qualcosa: i due genitori possono essere la causa di una bruttissima malattia, ma con impegno e tanto, tanto coraggio possono essere anche i salvatori dei loro figli. Madre e padre possono, mettendosi in discussione, salvare al vita ai loro figli psicotici.
Ricordatevi di non sottovalutate questa malattia, perché tanta gente ci muore.
Per avvalorare quanto da me esposto, e per facilitarvi la ricerca di approfondimenti in merito, mi permetto di segnalarvi un ottimo blog che tratta l’argomento (qui). Il Dottor Gigi Cortesi è psicoterapeuta sistemico-relazionale e da qualche mese offre a tutti coloro che lo desiderano nelle pagine dei suo blog delle vere riflessioni e chiarimenti importanti. Leggete ed all’occorrenza andate oltre.
Volersi rendere conto che qualcosa non va è fondamentale, successivamente chiedere aiuto è il passo più importante. Fatto quello si è già a buon punto…

domenica 13 giugno 2010

La Scatola dei Bottoni




Era la casa più fresca e divertente che c’era.

Il garage era il mondo dei giochi, offriva il massimo svago ogni volta che veniva aperto. Non so perché e non so come lì vi erano riuniti tutti i giocattoli possibili, e tutto ciò che lì entrava diveniva giocattolo. Era la stanza delle meraviglie, uno spazio tutto per noi bambine pieno di ogni preziosità. C’era il cavallo a dondolo, la piccola altalena, il tavolino con le sedie, le bambole, gli accessori per la nostra baby-cucina, la lavagnetta con i gessetti…. C’era anche il carrello che conteneva la tenda da campeggio e le sdraio che mamma utilizzava da ragazza per prendere il sole nelle giornate d’estate. Quel luogo era un vero spasso! Aprire quel portone significava divertimento certo.

Un lungo e stretto corridoio esterno, chiuso da un cancelletto grigio, ci portava al portone d’entrata di color verde scuro. All’interno le pareti erano dipinta con un colore pastello, un verde chiaro. Di fronte all’uscio si trovava la scalinata che portava al piano superiore, i gradini erano di cotto rosso cupo. Alla destra vi era il bagno; era piastrellato con piccole mattonelle bianche sulle pareti e nere per terra, il wc aveva la seduta nera, lucida, a fianco di esso vi era la vasca; un armadietto a specchio era posto sopra il piccolo lavabo dai due rubinetti separati, uno per l’acqua calda ed uno per quella fredda; sempre appeso alla porta, vi era lo scialletto rosa che nonna vestiva quando si pettinava (una tradizione utilizzata per non sporcare di capelli la maglietta indossata).

A fianco del bagno una porta di legno chiudeva il ripostiglio della casa ed il mondo di nonno, che da tempo non c’era più. Era il luogo dei suoi ricordi, il cappello da bersagliere, con la sua lunga penna, lo ricordava. Lì, ogni anno a fine agosto, i grandi si chiudevano per preparare la conserva.
Salendo la scala dai gradini di cotto vecchio e rosso cupo si arrivava al piano superiore. Di fronte alla scala vi era una comoda poltrona di pelle marrone, dietro di essa vi era la finestra che dava sul corridoio esterno, la mensola con sopra il telefono e la rubrica telefonica erano a sinistra della poltrona, mentre appese poco sotto il soffitto, una sull’angolo destro l’altra su quello sinistro, vi erano due mensoline rettangolari che sorreggevano le due statue sante (una raffigurava il Santo Bambino di Praga a cui nonna era devota).

A destra della scala vi era la cucina a sinistra la camera matrimoniale. Un grande letto alto alto, i due comodini con all’interno il boccale per la notte e con sopra la Madonna di plastica a cui bastava svitare la coroncina azzurra per poter bere l’acqua santa che conteneva (e quanta ne bevevo ogni volta di nascosto dalla nonna che quando trovava la madonnina vuota mi sgridava). L’armadio di legno stava alla destra del letto (lì vi era il vestito nero con il colletto bianco che nonna conservava per la tomba). Ai piedi del letto si trovavano due poltroncine ed un pouf, erano ricoperte con tessuto damascato scuro che nonna copriva con dei centrini bianchi candidi. Nessuno poteva avvicinarsi alle poltrone, guai a sfiorarle figuriamoci a sedercisi. Di fronte al letto era posta la petineuse, un grande specchio con i due armadietti sui lati su cui vi erano poggiati altri candidi centrini e delle morbide spazzole.

Tre gradini di legno portavano al piano superiore, qui vi era solo una stanza. Il pavimento di legno scricchiolava ad ogni passo. Un armadio sulla sinistra, una cassapanca vecchia vicino alla finestra, di fronte due letti singoli alti alti ed i loro comodini. In quella camera avevano dormito per anni ed anni i tre figli, non due come sarebbe parso…

Nella cucina vi era la stufa, il mestolo di alluminio, con il quale mamma adorava bere l’acqua fresca e pura del rubinetto, era appeso al muro vicino alla porta d’ingresso. L’ambio lavandino era vicino al piccolo armadietto che conteneva i bicchieri con i disegni delle primule (due avevano dipinto su un lato la primula gialla ed uno la primula viola, proprio quest’ultimo era quello che ci contendavamo ad ogni pasto io e mia cugina). Il grande tavolo di legno massiccio era contornato dal sedie con la seduta di pelle verde scuro, vi era la televisione e la radio dove si ascoltava il giornale orario con l’inconfondibile e famigliare sigla iniziale. Il divano di pelle rossa diveniva un letto togliendo i due tasselli che ne bloccavano lo schienale.

La credenza stava in fondo alla stanza. Sopra di essa vi era una statua di porcellana bianca che raffigurava due cavalli in corsa. Nella parte superiore, tappezzata da listarelle di specchio che la decoravano e la rendevano all’occhio più ampia, vi erano contenuti i bicchieri preziosi ed i piatti della festa.
Negli stipetti inferiori si trovavano le fotografie di famiglia e
la scatola dei bottoni….
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